sabato 16 aprile 2016

Il Libro della giungla: live action o animazione?



In alto la locandina del film live action  del 2016"il libro della giungla".
In basso, la locandina del classico di animazione del 1967

Negli ultimi anni, stiamo assistendo a vari remake dei classici Disney in versione  Live action, ossia con attori in carne ed ossa. 
Non si tratta di sequel come il visionario Alice in Wonderland del regista Tim Burton, né di prequel, come nello sfortunato caso di Maleficent (che sarà anche stato un campione d'incassi, ma, non mi stancherò mai di ripeterlo, è un film che fa acqua da tutte le parti).
Il problema di ogni live action è quello di restare fedele al classico da cui prende vita, ma contemporaneamente dare una ventata di innovazione alla storia, in modo da strizzare l'occhio ai fan del vecchio film e attirando nuovi "adepti", che magari non hanno mai visto il classico, e quindi non ancora fidelizzati.
In Cinderella, del 2015 ci sono state delle innovazioni, inserite scene non presenti nel classico del 1950, ma la storia è quella che è, quindi non dava spazio ad eccessive variazioni.
Nel libro della Giungla invece, il regista Jon Favreau ha potuto deliziarci non solo con delle inquadrature stupende e degli scenari surreali, ma ha potuto inserire nella storia alcune parti del romanzo originale di Joseph Rydyard Kipling, che nella prima versione erano state volutamente omesse.
Il classico Disney del 1967 infatti è un film volutamente molto leggero, divertente, una spassosa avventura a ritmo di Swing. I personaggi sono ben strutturati ma molto lontani dai racconti, in alcuni tratti un po' cruenti Kipling.
Il film di Favreau invece è una sorta di Trait d'union tra il romanzo originale e il classico d'animazione Disneyano; l'unica scena rimasta invariata è quella che vede Mowgli e l'orso Baloo lasciarsi trasportare dalla corrente del fiume, canticchiando il ritornello della canzone "lo stretto indispensabile".
Suggestiva anche la scena del rapimento delle scimmie e di re Loui, doppiato da un simpaticissimo Giancarlo Magalli, che canticchia un altro famosissimo motivetto del classico "Voglio esser come te".
Per tutto il resto, si tratta di un film completamente nuovo ma allo stesso tempo familiare: un live action che definirei perfetto, se non fosse per due particolari: l'eccessiva demonizzazione della figura della tigre Shere Khan, che appare più come un killer spietato e sanguinario, e il finale, un po' bislacco rispetto al resto del film. 
Mi aspettavo infatti un finale simile al classico del 1967, in cui Mowgli decide spontaneamente di lasciare la giungla per vivere con gli uomini e non perché costretto dalle minacce della tigre; ma a quanto pare il regista ha voluto lasciare sospesa la storia, chissà, forse in vista di un sequel del quale si sta già parlando, e che mi auguro non resti solo un progetto sulla carta.

venerdì 8 aprile 2016

Nel mondo Mecha di Go Nagai



In alto il grande Mangaka Go Nagai.


PREMESSA: io sono una fan sfegatata del maestro Go Nagai, che proprio in questi giorni si trova in Italia, per la gioia dei suoi numerosissimi fan. Questo post è VOLUTAMENTE IRONICO; essendo impossibile analizzare tutte le opere del maestro, mi soffermerò solo sui 4 Anime Mecha più famosi e amati: Mazinga Z (prima TV Giapponese 1972), Il Grande Mazinga, (1974) Goldrake (1975) e Jeeg Robot d'acciaio(1975).





In alto da sinistra il grande Mazinga(1974), Ufo Robot Goldrake(1975) e Mazinga Z(1972).
In basso il "testone" di Jeeg Robot (1975)nella sequenza del lancio dei componenti.



Da bambina adoravo i robot e gli anime mecha: i preferiti erano  Mazinga Z, Il Grande Mazinga e Goldrake, la grande trilogia di Go Nagai: mi bastava vedere un robot per esaltarmi, li amavo praticamente tutti, solo uno mi lasciava un po' perplessa: Jeeg robot d'acciaio
Immagino che ora mi odierete, ma non posso farci nulla: amavo la sigla, ma poi non riuscivo a seguire le puntate, infatti credo di non averlo visto fino alla fine, e negli anni ho completamente rimosso la trama. Per supplire a questa mancanza, giorni fa mi sono presa la briga di riguardare i primi episodi.
In pratica il protagonista è un tizio non particolarmente sveglio, se partiamo dal presupposto che impiega ben 25 anni per rendersi conto che è completamente invulnerabile; immagino la sua infanzia, con gli amichetti pieni di lividi, graffi e ginocchia sbucciate, mentre lui zero. Eppure non si è mai chiesto: "ma come mai io non mi faccio male?". Neanche il fatto di uscire completamente indenne da un incidente automobilistico mortale lo smuove più di tanto. 
Il nostro eroe Hiroschi Shiba dunque vive nella beata ignoranza e il mistero gli viene svelato solo dal padre...morto! Il compianto professor Shiba, vincitore del premio "genitore dell'anno" per aver sottoposto il figlio con 3 giorni di vita a pericolosi esperimenti, che lo hanno reso invulnerabile, aspetta di tirare le cuoia prima di rivelare al figlio il mistero della sua potenza,  inserendo il suo cervello in un computer: ah, complimenti anche alla mamma, che non solo ha permesso al marito di giocare con la vita del figlio, ma si incazza pure se qualcuno delicatamente le fa notare che il marito non era esattamente quello che si può definire "un padre esemplare".
Beh, andiamo avanti. Il beneamato padre, che continua a rompere i coglioni pure da morto avendo inserito i suoi ricordi in un computer, racconta al figlio del risorto Impero Yamatai e della perfida Regina Himika, per cui tutto il mondo è in pericolo e Jeeg Robot è l'unica speranza della terra e bla bla bla...  Ma voi credete che al nostro eroe, figlio di cotanto padre, interessi qualcosa del destino del mondo? Macché, Hiroschi se ne sbatte dell'umanità e pensa solo alla sua carriera di pilota; non ci arriva che una volta crepati tutti  gli esseri umani non ci sarà nessuno ad assistere alle sue gare o a gareggiare con lui. 
Comunque, alla fine ovviamente l'eroe compie il suo dovere, se pur controvoglia e grazie ad un bel paio di guantini e ad un ciondolo, quando Hiroschi stringe i pugni si trasforma in una CAPA TANTA...sono meridionale, scusate, intendevo dire in un'enorme testa, completamente inutile se non ci fosse la dolce Miwa lì pronta a lanciargli i componenti.
E qui sorge spontanea la domanda: come faceva la minuscola astronave di Miwa a contenere i componenti di un robot gigante? 
In ogni modo, escluso il robot d'acciaio, sono una fan sfegatata delle opere di Go Nagai, in particolare sono affezionata al personaggio di Koji Kabuto, un gran figo in tutte e tre le serie: protagonista di Mazinga Z ribelle, impulsivo, rissoso, polemico: insomma, il tipico quindicenne arrabbiato col mondo, che si ritrova, senza alcuna preparazione, a dover assolvere il compito di salvare la Terra dal terribile Dottor Hell (Inferno) e i suoi mostri meccanici. Pur essendo completamente impreparato, al contrario di Hiroschi, Koji accetta subito la sfida, anche se non fa i salti di gioia quando scopre che ad addestrarlo sarà "dispotica" Sayaka Yumi, pilota del robot Afrodite A. Ovviamente, tra un litigio e una rissa, fra i due adolescenti dalla testa calda scatta l'amore, che, si sa, non è bello se non è litigarello!
Nei due anime successivi, il personaggio di Koji riesce ad assumere spessore, pur avendo un ruolo marginale sia nel Grande Mazinga che in Goldrake
In Altlas Uo Robot - Goldrake in particolare, riesce a fare grandi cose, tenendo conto del fatto che nelle prime puntate gli fanno pilotare il TFO - (Test Flying Object) , meglio noto ai fan come "quel ridicolo disco volante giallo" ; eppure è riuscito più di una volta a salvare le chiappette metalliche di Goldrake (solo per citare 2 esempi, durante l'eclissi e nello scontro col mostro a energia solare).
Certo, per i fan nipponici di Koji è stato un brutto colpo vederlo passare dal mitico Mazinga Z al TFO, ma in Italia  la trilogia è stata mandata in onda  "alla rovescia":  nell'aprile del 1978 viene infatti trasmessa la prima puntata di Atlas Ufo Robot - Goldrake, nel 1979 appare Il grande Mazinga e solo nel 1980 va in onda per la prima volta Mazinga Z .
Tanto per confondere ancora di più le acque, in Goldrake, Koji, viene chiamato Alcor, mentre in Mazinga Z, serie di cui è il protagonista indiscusso, gli cambiano nome in Ryo.
Ma ora soffermiamoci brevemente sui due protagonisti di Mazinga: Koji Kabyto, pilota di Mazinga Z e Tetsuya Tsurugi, pilota del Grande Mazinga.
Tetsuya è un  personaggio meraviglioso, pieno di pregi, ma che ha purtroppo molto sofferto a causa della severità del professor Kenzo Kabuto, padre biologico di Koji e del piccolo Shiro, e adottivo di Tetsuya.
Pur non essendo per niente inferiore a Koji, anzi, mostrando di sicuro maggiore maturità e spirito di sacrificio, ha sempre avuto una sorta di complesso nei confronti del ragazzoi, probabilmente perché lo ritine un ragazzino fortunato, che è diventato il pilota di Mazinga Z solo perché nonno Juzo Kabuto lo ha costruito apposta per lui, mentre  Tetsuya  e la sua dolce metà Jun Hono, sono stati sottoposti ad un durissimo addestramento sin dalla più tenera età, per essere "degni" di pilotare rispettivamente Il grande Mazinga e Venus Alpha. La rivalità tra i due piloti arriverà al punto di mettere a rischio il destino dell'intero pianeta, poiché nelle ultime puntate del Grande Mazinga, Tetsuya pur di non accettare l'aiuto di Koji stava per far distruggere la terra.
Ma mi sto dilungando troppo, quindi saltiamo i due Mazinga (si tratta di due anime che ritengo praticamente perfetti, quindi è inutile dilungarsi e sciogliersi in bordo di giuggiole), e passiamo direttamente a Goldrake
Come saprete, una delle caratteristiche di Go Nagai è quella di dare una relativa importanza agli "intrighi amorosi", cosa che raramente accade nei Manga/Anime appartenenti al genere Shōnen.
Non ho potuto fare a meno di chiedermi come mai Sayaka, che appare al fianco di Koji nella battaglia finale del Grande Mazinga, in Goldrake è completamente assente, non viene neppure nominata, eppure Boss Robot compare ben 2 volte negli special.
Nell'episodio 47 per giunta, Koji prende una ignobile, inutile e inopportuna cotta per Venusia, innamorata di Actarus sin dalla prima puntata. L'infatuazione di Koji ha come unico scopo quello di sottolineare il rapporto di rivalità/amicizia che intercorre tra Koji e  Actarus (Duke Fleed).
L'infatuazione di Koji per Venusia è stata un duro colpo per i fan della coppia Koji/Sayaka, soprattutto considerando il fatto che tra Venusia e Sayaka  non c'è storia: Sayaka le è superiore sia in bellezza che caratterialmente. Solo, stando lontani per tanto tempo, è normale che un cumulo di testosterone e ormoni impazziti prenda una cotta per il primo paio di tettine che gli girano intorno, e qui spiegata anche la "simpatia" che successivamente Koji prova nei confronti di Maria, la sorella perduta e ritrovata di Duke. 
Venusia è una pupattola dolciastra, spudoratamente innamorata di Actarus ma totalmente inutile ai fini della trama; soltanto nella seconda parte dell'anime, in seguito ad una trasfusione di sangue, acquista un minimo di spessore. Evidentemente il sangue di Duke Fleed è una sorta di panacea di tutti i mali, e chi lo riceve diventa più forte, sia fisicamente che caratterialmente.
Il sangue degli abitanti della Stella Fleed a riesce a risvegliare l'istinto combattivo persino in una gatta morta come Venusia; ma non crediate che la pulzella inizi a combattere a bordo del Delfino Spaziale per salvare la Terra o la sua famiglia: lo fa solo per stare vicino al suo amato Actarus
Maria Grace Fleed, sorella quindicenne di Actarus, è esattamente l'opposto di Venusia: ribelle, a volte un po' incosciente ed impulsiva, solare e deliziosamente ingenua, dà una vera ventata di freschezza alla serie, che stava diventando un tantino monotona prima del suo arrivo.
Ovviamente tra Koji e Maria scatta subito un particolare feeling, fosse solo per il fatto che adorano correre in moto e nessuno dei due vole mai perdere. Ma Koji si è sempre frenato, anche davanti alle maliziose provocazioni della principessina di Fleed, per non urtare la sensibilità di Actarus che, diciamolo pure apertamente: si vestirà pure da figlio dei fiori, ma credo che avrebbe fatto a strisce chiunque avesse osato sfiorare, o peggio deflorare la sua amata sorellina. 
Ci sarebbe ancora molto da dire sulle opere di Nagai, soprattutto se si vogliono anche affrontare le serie più recenti come Mazinkaiser oppure Mazinga Z the Impact, che non sono sequel della trilogia, ma si collocano in una dimensione spazio temporale completamente differente; ma forse meglio fermarsi qui per questa volta, mi sto dilungando parecchio. 
Mi riprometto si scrivere presto recensioni dettagliate sulle singole serie, e soprattutto di dedicare un bel po' di spazio ad un anime che, pur non appartenendo al genere Mecha , credo possa definirsi un vero e proprio capolavoro del maestro Go Nagai: mi riferisco ovviamente a Devilman.

martedì 5 aprile 2016

Wonder Woman: la super Amazzone


In alto, un'immagine di Wonder Woman dal web.
In basso, una vignetta degli anni 40 in cui assistiamo alla trasformazione di Diana Prince in Wonder Woman.



L'attesissima uscita nelle sale del film Batman v Superman: Dawn of Justice (su cui mi soffermerò prossimamente), ha di sicuro avuto un merito: quello di riportare in auge un personaggio ultimamente un po' dimenticato, messo da parte, eppure importantissimo nella storia dei comics, e decisivo per una visione diversa della figura femminile nel mondo del fumetto.
Parlo ovviamente della prima superdonna della storia, l'amazzone  Wonder Woman,ideata dallo psicologo William Moulton Mastrom e edita dalla D.D.Comics nel 1942.
« Il miglior rimedio per rivalorizzare le qualità delle donne è creare un personaggio femminile con tutta la forza di Superman ed in più il fascino di una donna brava e bella. »
(William Moultom Marston)

(segue un estratto dalla mia tesi di laurea:  I Supereroi Marvel - dal fumetto al cinema)

Con la Donna Meraviglia in effetti, nasce una nuova figura femminile, potente ma solare, non una  Vamp ma una portatrice di pace e amore, mai sottomessa o indifesa come la donna caramella dei fumetti d’avventura degli anni trenta.
La principessa delle amazzoni appartiene ad un popolo di donne immortali che vivono su un’isola chiamata Paradiso,e che non hanno bisogno della collaborazione degli uomini per riprodursi: quale simbolo migliore per l’emergente femminismo?
I suoi avversari, almeno nei primi anni di vita della serie, erano sempre e solo uomini; il suo costume, audace per l’epoca ma non volgare, riporta i colori della bandiera americana,e quindi è anche una patriota.
I meccanismi affabulatori di Wonder Woman rimandano a quelli già utilizzati da Superman: quando non usa i superpoteri, la nostra principessa si nasconde sotto le mentite spoglie delle timida, impacciata e occhialuta Diana Prince, ricalcando lo stesso modello di doppia identità impiegato da Clark Kent/Superman. Proprio come accade al figlio di Kripton, anche a Diana basta togliersi gli occhiali e indossare diadema e short per essere irriconoscibile!
A parte questa ingenuità di fondo, il personaggio è ben strutturato, soprattutto tenendo conto dell’epoca storica in cui ha visto la luce: non bisogna dimenticare che siamo ancora negli anni quaranta: il pubblico amava leggere le avventure della superdonna ma pretendeva a casa la mogliettina obbediente pronta a servirlo e riverirlo.
Forse è proprio per non rischiare di mortificare la virilità dei lettori che spesso la nostra principessa veniva legata, bendata o incatenata dai suoi nemici, in una sorta di perverso gioco sado-maso.Certo, alla fine la principessa trionfava, mostrandosi talvolta anche un tantino "vendicativa" frustando e torturando a sua volta. 
Se dal punto di vista delle lettrici le torture prima inferte e poi ricambiate dall’eroina potevano anche rappresentare una sorta di rivincita contro il “sesso forte”, non si può comunque tralasciare un certo richiamo sessuale offerto al lettore, degno delle porno-fumette degli anni settanta.
In sintesi,  Mastron aveva trovato il modo di garantire alla sua eroina una folta schiera di ammiratori, sia di sesso maschile che femminile.
Tuttavia,con il passare degli anni, il personaggio di Wonder Woman, che nonostante le varie critiche è indubbiamente una figura positiva nel variegato panorama fumettistico femminile, si è adeguato alle trasformazioni sociali, correggendo quei “difetti” di fondo che aveva alle origini, allargando la sua crociata contro il male ad avversari sempre più potenti ma non più esclusivamente di sesso maschile.
Wonder Woman non è una semplice guerriera, ma la principessa delle Amazzoni, considerate forse le prime femministe della storia; da un certo punto di vista quindi la nostra principessa Diana anticipa di un ventennio alcune tematiche delle organizzazioni femministe americane: ”la Wonder Woman combatte la cultura e le angherie della società patriarcale anelando ad un futuro potere non più dispotico,né oligarchico. La Super Woman diventa così il simbolo della donna combattiva” (citazione tratta da       R.Laterza,M.Vinella – “le donne di carta-personaggi femminili nella storia del fumetto” (Dedalo libri,1980)