Immafine tratta da "Lo strano caso di Lucy Rainbow e Ombretta Black"
di Chiara Filincieri
I Social network: che grande invenzione!
Non
sono sarcastica, lo penso davvero: grazie ai social network persone
geograficamente molto distanti possono rimanere in contatto le une con
le altre: famiglie che si riuniscono, rimpatriate on line tra vecchi
compagni di scuola, possibilità di fare nuove amicizie, e soprattutto
esprimere il proprio pensiero ed avere la possibilità di discutere con
altri, con cui nella vita reale non avremmo mai avuto a che fare, (non
so fino a che punto avremmo sofferto di questa mancanza). Resta il fatto
che potenzialmente i social network sono una grande invenzione.
POTENZIALMENTE, ecco la parola chiave.
Il
problema è che la possibilità di esprimere la propria opinione si è
trasformata, non so come, nel sentirsi in diritto di dire qualsiasi
cosa: offendere il prossimo, etichettare in malo modo chiunque la pensi
in modo diverso, discriminare chi ha abitudini di vita diverse dalle
nostre: in altri termini, esporre l'altro (inteso come chiunque venga a contatto con noi) alla pubblica gogna.
Non
si è liberi di pubblicare una propria foto senza sentirsi assaliti da
milioni di commenti, apprezzamenti fino a giungere a vere e proprie
"psicoanalisi fai da te": siamo diventati tutti medici nutrizionisti,
psicologi, sociologi, sessuologi, detentori della verità, e dobbiamo
dirla questa verità, a qualsiasi costo.
Possiamo dire quello che pensiamo, ci sentiamo in diritto di farlo perché: "chi si espone così su un social network, poi non può lamentarsi dei
commenti negativi" : mi sembra tanto la classica scusa dello stupratore
quando dice che la vittima se l'è cercata.
Siamo
tutti invitati a condividere, ma quando poi realmente condividiamo
qualcosa, ecco che piovono i giudizi, dimenticando i principi
fondamentali che negli anni 80 e 90 le prof cercavano di insegnarci
nell'ora di educazione civica: "la mia libertà, termina dove inizia quella dell'altro".
Sono libero di giudicare ma non di mortificare, fare del male così, per il semplice gusto di dar fiato alla bocca, anzi, pardon, muovere le dita su una tastiera, perché, diciamola tutta: nascosti da uno schermo, ci sentiamo tutti leoni.
Chi pubblica una sua foto su un social network si mette da solo alla gogna, e gli altri sono in diritto di fare ciò che vogliono, anche prendere quella foto, decontestualizzarla e adoperalra per far del male alla persona in oggetto.
Ah, la gogna, che cosa meravigliosa! E che meravigliosa evoluzione ha avuto: dalla piazza del villaggio alla piazza del villaggio globale, sotto gli occhi di tutti: perché non reimpostarla per legge?
Chi pubblica una sua foto su un social network si mette da solo alla gogna, e gli altri sono in diritto di fare ciò che vogliono, anche prendere quella foto, decontestualizzarla e adoperalra per far del male alla persona in oggetto.
Ah, la gogna, che cosa meravigliosa! E che meravigliosa evoluzione ha avuto: dalla piazza del villaggio alla piazza del villaggio globale, sotto gli occhi di tutti: perché non reimpostarla per legge?
Vediamo
una perfetta estranea che cammina davanti a noi con dei pantaloncini
succinti o trasparenti? ci sentiamo in diritto di fotografare la
sconosciuta e prenderla in giro sui social network.
Per
non parlare della nuova "droga" del 2000: i Selfie. Confesso di non
amare molto questa mania di fotografarsi, ma sempre meglio fotografare
sé stessi che gli antipasti, almeno io la vedo così. In ogni caso, sono
abitudini che non fanno male a nessuno, quindi perché mettersi lì a
giudicare, a scrivere mille cattiverie.
Novelli
psicologi sostengono una ragazza che pubblica delle sue foto abbia seri
problemi di
insicurezza cronica, un estenuante bisogno dell'approvazione altrui; non
sono laureata in psicologia, pur avendone studiato le basi, ma in ogni
caso, se ciò fosse vero, l'insicurezza della ragazza che "si espone" non
dovrebbe autorizzare il bullo di turno a mortificarla: anzi,
l'insicurezza di partenza dovrebbe essere considerata un'aggravante
dell'atto del bullismo.
Il
bullo non è altro che un presuntuoso che si sente in diritto di
giudicare tutto e tutti, auto-giustificandosi sostenendo la tesi: "Sei
tu, oggetto dell'altrui derisione, a dover trovare il modo di non farti toccare da quello che pensano
gli altri perché di cafoni, maleducati e stupidi ce ne saranno sempre
ovunque e nessuno può farci niente".
ALIBI. Avete appena fornito ai bulli un alibi.
Ecco
perché, quando qualcuno vittima di bullismo si suicida si resta così
indifferenti: la colpa non è certo dei bulli, è colpa della fragilità e
dell'insicurezza del suicida, che non è stato in grado di fregarsene.
Insomma, la sensibilità è un handicap, l'indifferenza regna sovrana.(sì, uso la parola Handicap che oggi è considerata politicamente scorretta di proposito).
Personalmente
sono stata vittima di bullismo molte volte, ma ho sempre reagito, anche
perché avevo una famiglia alle spalle pronta a sostenermi ed aiutarmi a
superare i momenti più difficili; ho imparato a fregarmene di ciò che
dice "la gente", ed ora che sono adulta posso anche riderci sopra, ma
non dimentico quanto ho sofferto durante l'adolescenza, non dimentico i
disturbi alimentari, le flebo e tutte le dolorose conseguenze che ne
sono derivate. Oggi posso dirmi abbastanza forte, ma un tempo non lo
ero, nonostante l'aiuto della mia famiglia, quindi mi sento solidale con
le vittime, che non meritano assolutamente di essere ulteriormente
demonizzate, costrette a sentirsi in colpa per qualcosa che non hanno
commesso, esattamente come accade per le vittime di violenza sessuale.
La
violenza psicologica fa male quanto se non più si uno schiaffo, e va
combattuta, non incoraggiata con il classico "te la sei cercata"
Eh già, me la sono cercata tante volte: è colpa mia se 3 stronzetti dodicenni mentre ero in spiaggia mi hanno urlato "Guarda, invece di Belen
Rodriguez abbiamo BALEN Rodriguez". Colpa mia, ma come mi viene in mente di andare a
mare, con costume rigorosamente intero tra l'altro: mi sono
esposta io alle critiche degli stronzetti, avrei dovuto restare a casa e
crepare di calore.
Colpa mia se mentre sto rientrando a casa per i
fatti miei, dall'altro marciapiede una stronzetta inizia a cantare
"jingle bell, jingle bell..." solo perché indossavo una maglietta rossa. Eh
già colpa mia: ma come mi viene in mente di uscire di casa vestita di
rosso, solo perché è un colore che mi piace? Mi son meritata tutto.
Ho imparato a non lasciarmi intimidire o sopraffare da questa gentaglia, ma c'è gente che
purtroppo non ne ha la forza e soffre, soffre al punto da arrivare al gesto estremo: il suicidio.
Beh, all'alibi dei bulli "Non è colpa mia se ti sei suicidato, ma è copa tua che ti lasci ferire", io rispondo citando Mystica nel primo meraviglioso film sugli X-Men, :"è colpa delle persone come te che da bambina avevo paura ad andare a scuola".
E cito Mystica non a caso, perché chi conosce i film e/o i fumetti sa bene quando questo personaggio sia forte e combattivo.
Ma
non siamo tutti forti e combattivi, e purtroppo molti soccombono, e la
cosa peggiore è che per molti si tratta di normale amministrazione, cose
che accadono, e per cui è inutile lamentarsi:"Se
non si sa camminare sulle proprie gambe, non si va a correre in giro
per il mondo pretendendo che il mondo cambi."
Bella
roba. Non solo si spinge un altro essere umano alla disperazione, ma
non si prova il benché minimo senso di colpa, poiché l'idea oggi
dominante è
che chi subisce il male se lo merita, e finché ci sarà gente che la
penserà in questa maniera, ci saranno sempre bulli e suicidi.
I social network avrebbero potuto trasformarci in persone più sensibili, addirittura empatiche, invece ci stanno inaridendo.
Non è un caso se ho scelto l'immagine tratta da "Lo strano caso di Lucy Rainbow e Ombretta Black" : la discriminiazione è diventata la normalità, ed è diventata la base dell'alibi del bullismo.
Ora
non pretendo certo un mondo in cui ci volgiamo tutti bene, il mondo di
Lucy Raimbow, che è contro la disriminazione perché ama il suo prossimo
al di là di ogni stereotipo: va bene anche il punto di vista di
Ombretta, leggermente misantropo. Non vi chiedo di essere tutti
buoni, bravi e amarvi l'un l'altro: non devi per forza amare il tuo
prossimo, ma almeno RISPETTALO.
E
rispettare significa non disciminare, non fare del male gratuito, non
pubblicare foto imbarazzanti, non dire: "te la sei cercata".
Tutto qui.